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martedì 13 febbraio 2018

4312. La società della stanchezza


Il filosofo Byung-Chul Han pubblica nel 2012 questo interessante saggio sulla società moderna, dove individua come patologie la depressione, la sindrome da deficit di attenzione o iperattività, il disturbo borderline di personalità e la sindrome di burnout, derivanti da un eccesso di positività.
Esiste però una stanchezza da opporre a tutto ciò, che ci permette di abbandonarci e che risveglia in noi una particolare capacità di guardare. Si tratta di accedere a un’attenzione completamente diversa, a forme prolungate e lente che si sottraggono alla tipica iperattenzione breve e veloce della nostra società. Per questo la stanchezza profonda è disarmante e nel lento sguardo di chi è stanco sorge incantata la risolutezza della quiete.

Handke contrappone alla stanchezza che non ha parole, non ha vista, che divide, una stanchezza che si esprime, che vede e riconcilia. La stanchezza come “plus del minus di Io” dischiude un tra, allentando le parentesi dell'io. Non solo vedo l'Altro, ma io sono anche l'Altro e “al tempo stesso l'Altro è me”. Il tra è uno spazio delle cortesia come in-differenza, in cui “niente e nessuno domina e è anche solo predominante”. Nel divenir meno dell'io la forza di gravità dell'essere si sposta dall'io al mondo. Mentre la stanchezza dell'io come stanchezza solitaria è priva di mondo, nega il mondo, questa è una “stanchezza fiduciosa del mondo”.

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